Il territorio europeo è colpito sempre più spesso da emergenze di diversa natura: inondazioni e terremoti, incidenti industriali e atti intenzionali, e più recentemente la pandemia da Covid-19. A questi si sono aggiunte azioni di guerra ibrida che mirano a colpire tutti i livelli della società, le sue istituzioni e infrastrutture, con l’obiettivo di causare l’interruzione dei servizi vitali. Inoltre, più recentemente, il conflitto in Ucraina ha riportato da un lato il rischio dell’arma atomica, e dall’altro la possibilità che materiali pericolosi di diversa natura possano diffondersi in aree popolate. Questi episodi dimostrano un’evoluzione delle minacce verso eventi spesso considerati improbabili. Si tratta, inoltre, di emergenze con gravi conseguenze che superano i confini nazionali e richiedono il coordinamento tra più attori. Ne emerge la necessità di un rinnovato dibattito sulla preparazione della società alle crisi e di un sistema adeguato a non farci cogliere impreparati di fronte alle minacce attuali e alle crisi future nelle loro molteplici dimensioni.
Le iniziative europee nella gestione delle emergenze
L’Ue ha adottato negli anni numerose iniziative volte ad aumentare il sostegno europeo, incoraggiare la collaborazione e coordinare l’assistenza tra gli Stati membri. Fra queste, va ricordato il Meccanismo di Protezione Civile dell’Ue (EU Civil Protection Mechanism – EUCPM), lanciato nel 2001 e basato sulla condivisione di risorse quali equipaggiamenti, mezzi e personale, messi volontariamente a disposizione dagli Stati partecipanti. Nel 2019, l’EUPCM è stato ulteriormente rafforzato da rescEU, una programma di scorte aggiuntive (fra cui articoli medici e dispositivi di protezione) finanziate al 100% dall’Ue.
A livello nazionale, alcuni Stati membri si contraddistinguono, inoltre, per il loro approccio onnicomprensivo alla sicurezza, che si riflette in misure locali indirizzate a tutta la società. Ne sono un esempio la Finlandia e la Svezia, le cui politiche di resilienza comprendono corsi erogati a livello nazionale e regionale per insegnare la preparazione e la difesa civile, rivolti al settore privato e alle organizzazioni della società civile, ai giornalisti e ai media. Particolare attenzione è data al mantenimento dell’autosufficienza dei cittadini in situazioni di emergenza, istruiti su come affrontare in modo autonomo una crisi, anche in assenza di assistenza statale.
La Preparedness Union Strategy
L’approccio onnicomprensivo e l’importanza di coinvolgere maggiormente i cittadini nella costruzione della sicurezza, sono alcuni dei punti chiave del rapporto elaboratolo scorso ottobre dall’ex Presidente finlandese, Sauli Niinistö, nel suo ruolo di Special Adviser alla Presidente della Commissione europea. Il rapporto ha fornito, a sua volta, la base della Strategia europea Preparedness Union Strategy presentata lo scorso 26 marzo 2025.
La Strategia comprende 30 azioni chiave che gli Stati membri dell’Ue devono intraprendere per aumentare il loro livello di preparazione (“preparedness”) contro potenziali crisi future, dalle catastrofi naturali agli incidenti industriali, agli attacchi informatici e militari. Il documento comprende un Piano d’Azione per promuovere gli obiettivi di resilienza dell’Unione, nonché per sviluppare una cultura della preparazione fin dalla pianificazione di tutte le politiche dell’UE.
La Strategia si basa su tre pilastri: un approccio integrato a tutti i rischi (multi-hazard approach), un approccio che coinvolge gli attori governativi di tutti i livelli di governo (whole-of-government) e un approccio che coinvolga l’intera società (whole-of-society), riunendo privati, società civile, imprese, oltre che la comunità scientifica e accademica.
Questo triplice approccio è necessario per raggiungere gli obiettivi chiave della Strategia. Tali obiettivi comprendono: la protezione e il mantenimento delle funzioni essenziali della società, anche tramite la fornitura di scorte aggiuntive a quelle del già citato programma rescEU, a livello nazionale, o nella forma accordi con il settore privato; il rafforzamento del coordinamento della risposta alle crisi; l’aumento delle capacità di valutazione e prevenzione della minaccia; l’aumento della cooperazione pubblico-privata e civile-militare; e l’adozione di misure di preparedness per tutta la popolazione, inclusa una formazione dedicata nelle scuole.
Come ricordato dalla Presidente Von der Leyen, i cittadini, che Stati membri e le imprese hanno bisogno degli strumenti giusti sia per prevenire le crisi che per reagire rapidamente. Chiunque si trovi un territorio a rischio, deve essere formato e preparato in quanto esso stesso attore di sicurezza. Da questa consapevolezza deriva una delle azioni che ci riguarda i cittadini più da vicino, ovvero la disponibilità di kit di emergenza che consentano ai singoli di essere autosufficienti per un minimo di 72 ore. È prevista, inoltre, l’elaborazione di una valutazione dei rischi e delle minacce entro il 2026 e l’istituzione di Centro di coordinamento delle crisi dell’Ue, che dovrebbe migliorare l’integrazione fra i centri di coordinamento europei già esistenti.
Con la Preparedness Union Strategy, l’Ue, che da anni svolge un ruolo cruciale nella protezione e nell’assistenza alle persone e ai paesi colpiti da gravi emergenze, si sta evolvendo di fronte alla crescente evidenza che le crisi richiedono azioni e di prevenzione e preparazione mirate, forti e coordinate. Un approccio a livello europeo svolge e continuerà a svolgere un ruolo chiave nell’armonizzare le capacità di gestione delle crisi, facilitando il coordinamento e sostenendo lo sviluppo coerente di programmi. Allo stesso modo, è fondamentale una gestione delle crisi flessibile, che unisca una componente sovranazionale al ruolo dello Stato e del singolo cittadino, come fornitori ed attori di sicurezza.
Paola Tessari è ricercatrice nel Programma Sicurezza dello IAI, dove collabora a progetti nel settore delle minacce non convenzionali (NBCR)