Ue: Si apre una legislatura complicata

Con la conferma di Roberta Mestola alla Presidenza del Parlamento Europeo, l’elezione di Ursula Von der Leyen alla Presidenza della Commissione e di Antonio Costa alla Presidenza del Consiglio Europeo e con la designazione di Kaja Kallas per l’incarico di Alto Rappresentante per la Politica estera, si è completata la prima fase di avvio delle nuove istituzioni dell’Ue.

Entro la fine di agosto i governi designeranno i membri della Commissione, cui la Presidente affiderà un portafoglio e una indicazione delle loro competenze. I Commissari designati dovranno essere ascoltati e approvati dalle rispettive Commissioni del Parlamento (per un esame tutt’altro che formale che in passato ha riservato più di una sorpresa). Infine la Presidente si ripresenterà di fronte al Parlamento (salvo incidenti di percorso alla plenaria di Ottobre) per presentare il suo programma di lavoro e ottenere su questa base un secondo “voto di fiducia”, condizione necessaria per l’insediamento formale della nuova Commissione.

A fronte di questi passaggi istituzionali, la nuova legislatura si apre per l’Ue in un contesto internazionale complicato. La guerra in Ucraina, dagli esiti ancora incerti, continua a rappresentare una minaccia alla sicurezza dell’Europa. A ciò si aggiunge la crisi in Medio Oriente, priva per ora di prospettive di soluzione politica e con rischi di regionalizzazione del conflitto israelo-palestinese. Persiste, inoltre, una competizione strategica e globale fra Usa-Cina, destinata ad avere conseguenze anche sull’Europa, indipendentemente da quale sarà l’esito delle elezioni americane. Numerosi sono inoltre i conflitti locali o regionali, in una situazione di  crisi del sistema multilaterale e delle istituzioni internazionali. Non mancano infine incognite collegate al voto negli Usa e alle sue possibili conseguenze sui rapporti transatlantici.

La legislatura si avvierà anche in una situazione di crescita economica debole, soprattutto in Europa, di rallentamento del commercio internazionale, di rischio crescente di misure protezionistiche e in presenza di un serio problema di demografia. In un contesto, quindi, tendenzialmente non favorevole all’affermarsi di un protagonismo europeo, anche perché, in questi ultimi anni, l’Europa ha perso di peso e di ruolo.

Secondo quanto anticipato da Von der Leyen nel suo intervento al Parlamento europeo, nella prossima legislatura l’Ue dovrà definire e attuare una strategia di rilancio della competitività, che consenta di sviluppare maggiore capacità di innovazione e sviluppo di tecnologie abilitanti, di ridurre le eccessive dipendenze cosiddette strategiche, di riportare al centro dell’agenda il tema della sicurezza economica e del  “de-risking”. Una strategia che dovrebbe  prevedere un ambizioso programma di completamento del mercato interno, da integrare con una serie di misure mirate al rafforzamento della competitività dell’industria e dei servizi dell’economia europea, anche sulla base dei rapporti di Enrico Letta e Mario Draghi.

Decarbonizzazione e transizione energetica rimarranno una priorità dell’Ue. Sarà però necessario conciliare il raggiungimento degli obiettivi del Green Deal non solo con politiche mirate a realizzare una maggiore competitività dell’economia europea, ma anche con una crescente attenzione al tema delle compensazioni dei costi economici e sociali dei processi di de-carbonizzazione e delle misure destinate a stimolare investimenti pubblici e privati per coprire i costi della transizione “green” e dello sviluppo di tecnologie verdi.

Nell’agenda dell’Ue figurerà anche il tema della difesa europea, anche perché le criticità del quadro internazionale hanno sottolineato la necessità che l’Europa assuma maggiori responsabilità in questo campo. Tale obiettivo andrà declinato soprattutto come rafforzamento del pilastro europeo della Nato, consolidando le capacità nazionali al servizio di missioni comuni, spendendo di più e meglio per la difesa, migliorando l’interoperabilità e le sinergie tra forze armate nazionali, e promuovendo un mercato interno e una base comune europea per l’industria della difesa.

L’Ue dovrà poi contribuire a gestire il fenomeno ormai strutturale dei flussi migratori conciliando sicurezza delle frontiere esterne ed esigenze di un mercato del lavoro che ha sempre più bisogno di manodopera straniera, come conseguenza di un evidente declino demografico del vecchio continente. Le priorità in questo campo dovrebbero essere la protezione delle frontiere esterne e il contrasto all’immigrazione illegale, la collaborazione con i Paesi di origine e di transito, l’assistenza ai programmi di rimpatrio, nonché una migliore gestione condivisa dei flussi di migranti regolari.

Infine l’Ue, che si è impegnata solennemente per una nuova fase del processo di allargamento, dovrà garantirne il successo adottando contestualmente riforme delle modalità di funzionamento delle proprie istituzioni e delle maggiori politiche comuni. Con l’obiettivo di evitare che l’arrivo di nuovi membri provochi paralisi dei meccanismi decisionali o reazioni di rigetto da parte di opinioni pubbliche interne preoccupate rispetto al funzionamento di alcune politiche comuni.

In sintesi, una serie di sfide di straordinario rilievo che richiederebbero condivisione delle strade da perseguire in sede europea e determinazione ad agire con unità di intenti. A questo proposito è inevitabile osservare che invece sui primi passaggi relativi alle nomine dei vertici delle istituzioni dell’Ue, la Presidente del Consiglio ha scelto di collocarsi ai margini, astenendosi in Consiglio europeo sulle designazione di Von der Leyen e votando contro Costa e Kallas e contro al Pe sull’elezione del Presidente della Commissione (insieme ad altre formazioni della destra).

Sono state decisioni clamorose, senza precedenti nella storia della partecipazione italiana all’Ue, che hanno comportato una sorta di auto-esclusione dell’Italia dai primi passaggi che hanno segnato l’apertura della legislatura. Decisioni in cui Meloni ha  privilegiato il suo profilo di leader di partito rispetto a quello di capo di governo di uno dei Paesi membri più importanti dell’Ue. Ma anche decisioni che contraddicono la linea che la stessa Meloni aveva finora mantenuto nei confronti dell’Ue, caratterizzata da un atteggiamento pragmatico, forse molto transazionale, ma tutto compreso costruttivo.

Nulla di irrimediabile, ma occorrerà ora correggere rapidamente il tiro se il governo vorrà ottenere un portafoglio importante per il Commissario italiano, evitare difficoltà di interlocuzione con la nuova Commissione sui tanti dossier di interesse per l’Italia e, in prospettiva, prevenire il rischio di una marginalizzazione dell’Italia nell’Ue.

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