Leggi per impedire ogni forma di dissenso: la Russia condannata a Strasburgo

Sopprimere ogni forma di dissenso. È il reale obiettivo di alcune norme introdotte in Russia dopo l’aggressione all’Ucraina del 24 febbraio 2022 che hanno portato le autorità di Mosca a colpire soprattutto i giornalisti non allineati alla retorica della guerra imposta da Putin e che, a seguito del ricorso di 178 individui e della Novaya Gazeta e Dozhd TV, hanno condotto la Corte europea dei diritti dell’uomo, con la sentenza depositata l’11 febbraio nel caso Novaya Gazeta e altri contro Russia (ricorsi n. 11884/22 e 161 altri, CASE OF NOVAYA GAZETA AND OTHERS v. RUSSIA) a condannare lo Stato convenuto per violazione dell’articolo 10 della Convenzione che assicura il diritto alla libertà di espressione, nonché degli articoli 5 (diritto alla libertà personale) e 8 (diritto al rispetto della vita privata).

Dopo le condanne inflitte dai giudici nazionali e la chiusura dei due media, inclusi i siti internet, disposta dalle autorità nazionali, le vittime avevano presentato diversi ricorsi alla Corte europea che li ha accolti constatando la violazione della Convenzione. I ricorrenti – osserva Strasburgo – hanno subito privazioni della libertà personale, sono stati arrestati e hanno subito condanne sia sul piano penale sia su quello amministrativo. Inoltre, è stata bloccata ogni possibilità di accesso al sito della Novaya Gazeta alla quale era stata anche revocata la licenza. È evidente che le misure sono andate ben oltre ogni strumento considerato necessario per esigenze di sicurezza perché le autorità russe hanno adottato misure operative su larga scala volte a punire finanche la mera divulgazione di messaggi pacifisti. In realtà, le misure repressive erano finalizzate a impedire ogni trasmissione di informazioni diverse da quelle proprie della narrativa ufficiale. Così, i ricorrenti sono stati puniti per il semplice fatto di aver usato il termine “guerra” piuttosto che aderire alla finzione voluta da Putin circa l’esistenza di un’operazione militare speciale. Inoltre, non è stato considerato in alcun modo il diritto della collettività di ricevere informazioni di interesse pubblico che avevano al centro anche la commissione di crimini di guerra.

Del tutto sproporzionate le sanzioni che non avevano solo il fine di punire, ma miravano a inviare un messaggio intimidatorio su larga scala e a silenziare ogni media indipendente.

La Corte ha poi accertato la violazione dell’articolo 34 della Convenzione perché la Russia non ha tenuto conto delle misure provvisorie disposte dalla Corte e riferite al blocco su Internet nei confronti di Novaya Gazeta (qui il provvedimento http://www.marinacastellaneta.it/blog/corte-europea-misure-provvisorie-nei-confronti-della-russia.html), nonché degli articoli 5 e 8, quest’ultimo per alcuni ricorsi dovuti alle perquisizioni nelle abitazioni dei giornalisti.

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Professore ordinario di diritto internazionale, giornalista pubblicista e avvocato. Collabora abitualmente con Il Sole 24 ore e il settimanale giuridico Guida al diritto.

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