La diplomazia culturale come vettore chiave della politica estera dell’Ue

L’Unione europea deve dotarsi di un Piano d’azione strategico pluriennale per la diplomazia culturale, soprattutto in un momento di guerra e disgregazione. La cultura può diventare un veicolo importante per la pace e lo sviluppo nel quadro della politica estera e di sicurezza comune europea. È questo il messaggio principale del Parere di iniziativa, approvato alla quasi unanimità (178 voti a favore) dal CESE a fine ottobre scorso, di cui sono stato relatore.

La cultura come vettore della politica estera

La cultura come strumento della politica estera dell’Unione europea è stata all’ordine del giorno delle Istituzioni europee più volte negli ultimi 17 anni, a partire dall’adozione di un’agenda europea per la cultura del 2007, con l’obiettivo di darle un ruolo più sostanziale nell’Unione politica esterna. Ciononostante, la diplomazia culturale non è mai diventata una vera priorità sistemica. Ci provò ancora l’Alto Rappresentante Mogherini, con la Comunicazione nel 2016, che non a caso si intitolava “Verso una strategia UE per le relazioni culturali internazionali”.  Ma ci si è fermati a quel “verso”.

Il Parere del CESE afferma che “è necessario un piano d’azione a tutti gli effetti per la cultura nelle relazioni esterne dell’Ue, con una strategia chiara, rafforzando tutti i partenariati necessari con le organizzazioni internazionali e regionali pertinenti, nonché le organizzazioni intergovernative e non governative (OSC)”. Il piano d’azione dovrebbe rispondere a quattro necessità strutturali: fornire chiarezza nella governance a livello dell’Ue; coordinare e offrire un sostegno sussidiario a livello di Stati membri; chiarire gli aspetti finanziari; promuovere reti di attori culturali interconnessi, che rappresentano una fiorente società civile culturale.

La cultura è un grande tesoro “nascosto” che dovrebbe essere sbloccato nel quadro della diplomazia pubblica dell’Ue e dei 27 Stati membri. La cultura, nelle sue dimensioni di patrimonio materiale e immateriale, diventi un significativo vettore della politica estera dell’Unione europea, con l’obiettivo di rinforzare il dialogo fra le diversità culturali, i diritti umani e la coesione sociale ed economica, basata sulla forza traente per la crescita delle industrie creative e culturali, ma anche e soprattutto promotrice di un approccio che prediliga la condivisione di spazi di coproduzione culturale con i paesi partner, ad ogni livello e soprattutto con gli attori della società civile.

L’importanza di investire nella cultura

La protezione, il restauro e la ricostruzione del patrimonio culturale nelle aree colpite da calamità naturali e nelle aree di crisi e di conflitto, come Afghanistan, Ucraina, Kosovo, Libia, dovrebbero essere una priorità assoluta, come ancora ribadito nelle conclusioni del Consiglio affari esteri dell’Ue del 21 giugno 2021. Necessario è un collaterale rafforzamento della lotta contro il traffico illecito di beni culturali, ma anche dell’impegno nella restituzione dei beni culturali sottratti nel corso dei secoli passati.

Serve un investimento particolare nello sviluppo delle industrie creative, in particolare per quanto riguarda l’arte contemporanea e le nuove tecnologie, con un focus sulle giovani generazioni. Ricordando che la dimensione culturale è cruciale anche per l’Agenda dello sviluppo sostenibile e dovrebbe diventarne il quarto pilastro.

Il parere propone il lancio di progetti pilota in alcune aree, legate alle priorità politiche già individuate in queste regioni: ad esempio Balcani occidentali, Mediterraneo e Medio Oriente, Ucraina, Africa. Si tratta di aree interessate da conflitti, che vivono l’impatto del cambiamento climatico e delle nuove migrazioni.

Raccomandando un accento particolare sul rafforzamento delle capacità della società civile attiva nel settore culturale in ciascun paese, sullo sviluppo di organizzazioni di base indipendenti e delle istituzioni culturali locali, in partenariato con analoghe organizzazioni e istituzioni dei 27 Stati membri dell’Ue.

L’inviato speciale per le relazioni culturali

Il CESE propone infine la nomina di un “inviato speciale dell’Ue per le relazioni culturali” con la creazione di una struttura dedicata all’interno del Servizio europeo per l’azione esterna (SEAE), che avrebbe la responsabilità generale di guidare questo piano, con dotazioni finanziarie adeguate e un rafforzamento delle competenze culturali nelle Delegazioni Ue.

Questo andrebbe altre sì accompagnato da una mappatura, che renda accessibile l’ampia gamma di azioni e iniziative già in atto, guidate dalle istituzioni e organizzazioni europee, dai singoli stati e dalle numerose organizzazioni della società civile negli Stati membri, nonché quelle stabilite dai vari partenariati internazionali, al fine di creare una Piattaforma dell’Ue per le relazioni culturali internazionali.

La cultura è una forma di capitale che ci permette di illuminare sia il nostro cammino in Europa sia l’immagine che proiettiamo nel mondo. Questo è stato il senso di due rilevanti iniziative italiane, come la Dichiarazione di Roma dei Ministri della cultura del G20, del luglio 2021 e la Dichiarazione di Napoli della prima conferenza dei Ministri della cultura del Mediterraneo, del giugno 2022 e il suo specifico Piano di azione. Fare della cultura un veicolo chiave e strategico della politica estera dell’Unione Europea deve diventare finalmente una vera priorità.

Foto di copertina ANSA/FABIO FRUSTACI

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