Il disprezzo di Trump

Lo scandalo Signalgate e la guerra dei dazi, che vede l’Ue tra i target principali di Washington, hanno confermato ciò che gli europei già sapevano: il disprezzo dell’amministrazione Trump per l’Europa è profondo e la frattura transatlantica è strutturale

I leader europei sperano ancora di evitare gli scenari peggiori, come un’invasione della Groenlandia o il ritiro delle truppe Usa dalla Nato. Si concentrano soprattutto sul garantire che, se (o forse quando) gli Stati Uniti abbandoneranno Kyiv, sarà l’Europa collettivamente a riuscire a garantire un’Ucraina libera, indipendente e democratica. Ma non bisogna illudersi che ciò avvenga lavorando in sinergia con Washington o addirittura con la sua tacita approvazione.

Il Signalgate è stato prevedibile e scioccante, ma non sorprendente: l’astio verso l’Europa emerso nella chat riservata del team di sicurezza Usa rispecchia le dichiarazioni pubbliche dell’amministrazione. La coerenza è evidente: Washington vede l’Europa come obsoleta, arrogante e parassitaria. Ciò che è sconvolgente, tuttavia, è che gli Stati Uniti non si limitano a considerare l’Europa come moribonda: i funzionari di Trump sembrano voler contribuire alla sua morte. Per Washington, attaccare gli Houthi nel Mar Rosso sarebbe nell’interesse della sicurezza nazionale americana. Eppure, proprio il fatto che tale azione aiuterebbe anche l’Europa viene considerato un motivo valido per metterla in discussione. Il vantaggio di contrastare una minaccia diretta agli Usa viene messo in dubbio dal solo fatto che ne beneficerebbero anche gli europei.

Le componenti del disprezzo

Questo disprezzo ha tre importanti implicazioni politiche per l’Europa. In primo luogo, il commercio. Trump ha annunciato la sua guerra commerciale contro i Paesi che, secondo lui, “fregano” l’economia statunitense. Nessuna simpatia o amicizia storica potrà attenuare la dimensione Usa-Ue di questa guerra. L’imposizione del 20% di dazi su tutte le esportazioni europee agli Stati Uniti, oltre a quelle già imposte su acciaio, alluminio e automobili, ne è la testimonianza concreta. Tuttavia, la gestione della politica commerciale per i 27 Stati membri è una competenza esclusiva dell’Ue e il blocco ha un peso economico combinato che gli Stati Uniti non possono ignorare. In questo confronto, i danni saranno reciproci. Con un’Europa unita sul commercio, come sulla regolamentazione della tecnologia, gli Usa non potranno agire in modo predatorio nonostante il loro odio irrazionale. Alla fine, Washington dovrà adottare un approccio pragmatico e cercare un accordo con Bruxelles. 

In secondo luogo, Trump ha più volte ribadito le sue mire sulla Groenlandia. La controversa visita di Vance all’isola e le sue critiche alla Danimarca segnalano un’intensificazione delle pressioni americane. Tuttavia, la reazione inizia a farsi sentire efficace: dopo le critiche, il viaggio è stato frettolosamente modificato escludendo la capitale Nuuk e limitandosi a una remota base militare statunitense nell’estremo nord del territorio. La prima ministra danese, Mette Frederiksen, ha accusato gli Stati Uniti di “pressioni inaccettabili“, ma spetterà agli altri leader europei sostenerla. Quanto più gli europei si mostreranno deboli e pusillanimi, tanto più le pressioni degli Stati Uniti si aggraveranno.

Infine, e soprattutto, l’Ucraina. I Paesi volenterosi, guidati da Emmanuel Macron e Keir Starmer, insieme al presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy, stanno elaborando piani di sostegno all’Ucraina. Ma appare sempre più evidente che dovranno farlo non solo senza il sostegno militare degli Stati Uniti, ma forse anche contro di essi. Mentre l’Europa pianifica un maggiore sostegno economico-militare e una “forza di rassicurazione” per addestrare e assistere le forze ucraine nella protezione delle città e delle infrastrutture, dovrà accettare l’assenza di una garanzia statunitense. Naturalmente, è opportuno continuare a coinvolgere gli Usa nelle varie discussioni, in particolare sulla condivisione di informazioni e sul supporto logistico. Tuttavia, se Washington continuerà a mettersi di traverso, Europa e Ucraina dovranno farne a meno. 

Sulle sanzioni alla Russia, l’Europa dovrà probabilmente agire in contrapposizione agli Usa. La strategia di Vladimir Putin è ovvia: subordinare il cessate il fuoco alla fine del sostegno occidentale e alla revoca delle sanzioni. Molto probabilmente l’amministrazione americana asseconderà il Cremlino e farà pressione sugli europei affinché seguano il suo esempio, dipingendoli come ostacoli alla pace.

Finora i governi europei hanno tenuto duro, respingendo le richieste russe di sospendere le sanzioni finanziarie sul settore agroalimentare come precondizione per un cessate il fuoco nel Mar Nero. L’Europa deve essere pronta a resistere anche alle pressioni americane.

Opporsi alla prepotenza degli Stati Uniti non è solo una buona politica, ma anche politicamente vantaggioso. Con fermezza, coraggio e cortesia, l’Europa dovrebbe semplicemente andare per la sua strada.

Direttore dell'Istituto Affari Internazionali, part-time professor alla School of Transnational Governance dell'European University Institute, professore onorario all’Università di Tübingen e amministratore non esecutivo e indipendente di Acea.

Ultime pubblicazioni