Difesa europea: criticità ed opportunità per la nuova legislatura

Una delle novità del dibattito politico nelle recenti elezioni europee è stato il come affrontare il tema della difesa del nostro continente. Portato all’attenzione del grande pubblico a seguito del protratto conflitto russo-ucraino e della maturata consapevolezza di dover rafforzare la base tecnologica e industriale e le Forze armate degli Stati membri in vista delle nuove sfide globali, l’Europa per la prima volta si è posta il problema di come adeguare le istituzioni europee per affrontare questo tema vitale.

La prima cosa da fare è sicuramente concepire e poi realizzare un’architettura politica e organizzativa che possa supportare efficacemente tale processo, fatta di tre elementi essenziali. Il primo richiede una chiara definizione dei ruoli e delle competenze: l’attuale mancanza di strutturazione di competenze tra le varie istituzioni è potenzialmente conflittuale e va superata. Il secondo elemento, presente in ogni Paese occidentale come consolidata best practice, riguarda la separazione delle funzioni tra i vari organismi. La funzione di alto indirizzo politico per la difesa (obiettivi e attribuzione di risorse) va separata da coloro che definiscono le politiche industriali e, in parte, ne rappresentano gli interessi. Quest’ultima va altresì separata da coloro che rappresentano e definiscono le esigenze e le priorità militari conseguenti agli obiettivi politici assegnati. Il terzo elemento riguarda il “controllo democratico” delle istituzioni, che per il settore difesa appare fondamentale e non sufficientemente sviluppato.

Per quanto riguarda i primi due punti, sia pure con molte differenti soluzioni, ogni stato democratico persegue un medesimo schema. Solitamente, un più o meno complesso sistema di indirizzo politico determina gli obiettivi di difesa da perseguire e le necessarie politiche industriali a supporto, attribuendo anche le necessarie risorse. L’individuazione delle esigenze militari e le loro relative priorità, poi, sono di competenza delle strutture militari che, in definitiva, rappresentano l’utilizzatore finale. Separatamente, ma in continuo dialogo, altri enti determinano gli strumenti migliori per l’acquisizione di quanto necessario, tenendo anche presenti le esigenze derivanti dalle politiche industriali adottate. In definitiva si tratta di un equilibrato sistema nel quale tutti i fattori in gioco (esigenze politiche, militari e industriali) sono coinvolti e correttamente bilanciati in un dialogo continuo.

Appare quasi inutile ribadire come l’intero sistema debba essere sottoposto a un costante controllo democratico, sia negli indirizzi sia nelle soluzioni individuate, e che tale controllo deve essere di competenza di organi elettivi che rappresentino le volontà popolari.

In linea teorica, tale soluzione potrebbe essere replicabile a livello europeo qualora esistesse un “Commissario alla Difesa (e lo Spazio)” in grado di dare indirizzi politici sia al Direttorato Generale for DefenceIndustry and Space (DG DEFIS), sia all’Agenzia Europea per la Difesa (EDA), responsabili rispettivamente per l’attuazione delle politiche industriali e per la definizione delle esigenze e delle priorità militari.

Sfortunatamente, tale soluzione appare non possibile alla luce dei Trattati esistenti; tuttavia, altre soluzioni più pragmatiche sono percorribili. Nessuna di queste ulteriori possibilità, ovviamente, è ottimale, ma va anche considerato che, come detto, la difesa è un argomento relativamente nuovo a livello europeo e un certo periodo di prova e adattamento delle nuove istituzioni sarà inevitabile. Inoltre, a rafforzare la necessità di prudenza e progressione nelle soluzioni da percorrere concorre il fatto che la difesa è considerata ancor oggi un “baluardo della sovranità” degli Stati membri, che ben difficilmente accetterebbero soluzioni interamente o prevalentemente comunitarie.

Ecco, quindi, che un approccio misto, intergovernativo nella individuazione delle necessità e delle priorità e comunitario nella predisposizione e attuazione dei possibili supporti in termini di politiche industriali, normative e di finanziamento, potrebbe diventare il corretto punto di equilibrio per la futura architettura europea per la difesa.

Muovendosi all’interno di ciò che i Trattati consentono, l’istituzione di un Commissario per lo spazio e l’industria della difesa potrebbe garantire il corretto rafforzamento delle politiche industriali, normative e finanziarie a livello comunitario. Parallelamente, tuttavia, andrebbe rafforzato anche il ruolo di input intergovernativonella identificazione delle esigenze, delle priorità e per l’armonizzazione dei requisiti. Mantenendo la figura unitaria dell’HR-VP per la Politica Europea di Sicurezza e Difesa, potrebbero essere creati sotto la sua guida due Vice, di nomina politica al pari dei Commissari, con funzioni dedicate di “responsabile per il settore della difesa” e di “responsabile per gli Affari Esterni”. Tutte le funzioni e gli Enti europei della difesa (EUMC, EUMS, MPPC e EDA) potrebbero in tal modo essere riorganizzati sotto un’unica direzione dedicata. Ciò consentirebbe di migliorare l’identificazione e il perseguimento delle varie politiche e priorità per la difesa e soprattutto l’interazione continua e rafforzata con gli Stati membri, in particolare con i Ministeri della Difesa.

In questa architettura rafforzata per la difesa europea, il ruolo di indirizzo politico più alto potrebbe essere attribuito alla stessa Presidenza del Consiglio Europeo, mediate una struttura di supporto ad hoc.

Per quanto riguarda infine il “controllo democratico” delle istituzioni, che per il settore difesa appare fondamentale, due sono le cose ritenute necessarie:

  • l’istituzione nel Parlamento europeo di una Commissione Difesa, quale forum per discutere e guidare le iniziative europee nel settore della difesa.
  • l’attribuzione al Parlamento europeo di reali poteri di indirizzo e controllo sulle attività della Commissione.

Questa nuova architettura per la difesa europea garantirebbe un corretto equilibrio tra le esigenze degli Stati membri per mantenere un significativo controllo nello sviluppo delle proprie Forze armate, aprendosi al contempo alle possibilità che un’azione comunitaria potrebbe offrire. Processo che potrebbe anche beneficiare da un più esteso controllo democratico offerto da rafforzate competenze in tale materia nel Parlamento europeo.

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