Dispute commerciali Ue- Cina sulle auto elettriche e dintorni

L’annuncio il 12 giugno da parte della Commissione europea (in particolare, il commissario al commercio Dombrowskis e la vicepresidente Schinas) circa l’intenzione di innalzare i dazi all’importazione delle auto elettriche prodotte in Cina era atteso da tempo. L’iniziativa è l’ultimo capitolo, per ora, delle tensioni commerciali e tecnologiche nella competizione tra Ue e Usa da una parte e Cina dall’altra. Tensioni che segnano un ulteriore inasprimento con la nuova politica assertiva europea di tutela economica, il significativo innalzamento dei dazi americani (100% per le auto elettriche) e le reazioni della Cina, cheperò ricorre a pratiche concorrenziali sleali minacciando a sua volta l’imposizione di dazi.

L’annuncio europeo – la politica commerciale è una competenza esclusiva comunitaria –riguarda una fase della procedura dell’indagine anti-sussidi, con la pre-divulgazione dei risultati preliminari che confermano come i prezzi siano distorti dai sussidi statali cinesi, producendo benefici unfair a discapito dei produttori europei. Le conclusioni riguardano il livello provvisorio dei dazi addizionali che l’Ue vorrebbe imporre: sono differenziati fra tre grandi produttori e salgono dal 17,4% fino al 38,1%, e del 21% per altri produttori. Tuttavia nei Paesi Ue ci sono state  polemiche (effetto boomerang dei dazi) poiché vengono colpite anche le produzioni effettuate in Cina di vetture con marchio occidentale, come Tesla, Dacia e BMW, con controindicazioni anche per le catene di fornitura europee di parti e componenti. Al riguardo, Stellantis, per evitare i dazi Ue, ha rivisto la sua strategia decidendo di produrre in Polonia alcuni modelli di auto elettriche della cinese Leapmotor.

L’iniziativa era stata preceduta dalla recente lettera della Cina al Commissario Dombrovskis, con la minaccia di contromisure tariffarie in risposta all’intenzione dell’Ue di imporre dazi (“countervailing duties”) per le auto elettriche cinesi a fronte dei sussidi illegali e delle pratiche sleali cinesi. La mossa di Pechino, che è in sovracapacità produttiva, va oltre il caso specifico, include il settore agroalimentare (oggi già dettagliato) e forse – come Euractiv riporta dal portavoce di Dombrovskis – anche l’import di velivoli commerciali Airbus in Cina. Si apre un nuovo capitolo di guerre commerciali o è una tattica negoziale per avviare colloqui tra le parti ed evitare un’escalation che si cumulerebbe con le tensioni già in atto tra i continenti?

Per contrastare le pratiche commerciali sleali cinesi, l’Europa ha iniziato a utilizzare gli strumenti di tutela economica di cui si è recentemente dotata, dal controllo degli investimenti esteri a quello dei sussidi esteri alle misure anti-coercizione. L’indagine lanciata ex-officio dalla Commissione Europea a fine 2023 per determinare, in linea con le norme Ue e WTO, l’evidenza di sussidi illegali a beneficio dell’industria cinese delle auto elettriche, è motivata dalla minaccia economica all’industria europea dello stesso settore. L’indagine, che costituisce un segnale per proteggere la propria industria dall’invasione di auto elettriche cinesi a prezzi artificialmente bassi, ha dato fastidio a Pechino. Da qui la minaccia cinese di imporre tariffe doganali in diverse categorie commerciali europee.

Nel caso vi rientrasse anche l’aeronautica, si può accennare alla lunga storia delle controversie commerciali nel comparto. Nel 2021 giunse a conclusione la disputa al WTO tra Ue e Usa sui sussidi per i grandi velivoli civili, protrattasi per 17 anni. Fu raggiunto un accordo consensuale dopo che entrambe le parti (Boeing e Airbus) vennero condannate dal Panel WTO. Si disse che “le acque si erano calmate” in ambito transatlantico, evitando un’escalation verso una “subsidies race” e mettendo fine al rischio incombente di una guerra commerciale e istituzionale, mentre si stava affacciando un terzo incomodo, la Cina. Quest’ultima, pur essendo membro del WTO dal 2001, non è tra i firmatari dell’Agreement on Trade in Civil Aircraft” (ATCA) del 1979, firmato da 33 Paesi membri del WTO e tuttora vigore. L’Accordo plurilaterale mira a prevenire misure commerciali distorsive, proibendo incentivi come le politiche d’importazione che creano squilibri negli scambi bilaterali, fissando altresì condizioni circa misure di supporto pubblico. L’Accordo non è stato multilateralizzato ma resta di attualità con l’adesione del Brasile nel 2023.

Un’eventuale minaccia di ricorso al WTO in questo comparto potrebbe offrire alla Cina qualche opportunità. Da una parte, una limitazione temporanea agli acquisti di velivoli esteri garantirebbe all’industria aeronautica cinese un margine di manovra anticoncorrenziale per accelerare l’entrata in servizio sul mercato e lo sviluppo dei nuovi velivoli di produzione nazionale. Dall’altra c’è la controindicazione che la domanda interna cinese di trasporto passeggeri necessiterà per diversi anni di velivoli occidentali tecnologicamente avanzati. E in teoria, un’eventuale contro-replica europea potrebbe incontrare difficoltà a dimostrare l’evidenza della compatibilità dei sussidi alle compagnie aeree statali con le regole WTO, sia per la mancanza di trasparenza rispetto agli standard europei e americani, sia perché i sussidi non riguardano i tradizionali prestiti concessi da un’autorità centrale, ma accessi preferenziali per prestiti da banche statali o controllate dallo stato o facilitazioni per alcuni acquisti pubblici. È quindi possibile, per qualsiasi controversia multilaterale, richiedere un ricorso in base all’Accordo WTO “Agreement on Subsidies and Countervailing Measures” (ASCM) del 1994 circa una presunta illegalità delle misuredi sussidi che comporterebbero vantaggi competitivi unfair.

Cosa peserà di più a Pechino nelle reciproche accuse e nei pacchetti di misure protezionistiche da una parte e di tutela dall’altra? Sono da considerarsi come “merce di scambio” in una dimensione più ampia dei rapporti tra Europa e Cina? Nel frattempo, in risposta, Pechino ha avviato un’indagine anti-dumping sulle importazioni dall’Ue di carne suina e sottoprodotti, in linea con la politica cinese di coercizione economica che utilizza misure economiche per ottenere obiettivi politici.

I risultati e le misure preliminari dell’indagine europea sono comunque volti ad avviare un dialogo con le autorità cinesi, ridurre le tensioni e proporre soluzioni negoziali e alternative, ricercando una soluzione che sia compatibile con il WTO. L’attuale missione in Cina del Ministro tedesco dell’economia, il “verde” Habeck, è indicativa dell’interesse primario di Berlino per una soluzione amichevole, evitando anche il rischio di una rappresaglia, con  un aumento di dazi cinesi sull’import di auto di grossa cilindrata come quelle tedesche. Ma in mancanza di una soluzione amichevole, i dazi provvisori verrebbero introdotti da una garanzia il giorno successivo la pubblicazione del Regolamento, prevista entro il 4 luglio. La tempistica della procedura comunitaria prevede una decisione finale da parte del Consiglio il prossimo novembre. L’adozione necessita la maggioranza qualificata del 65% dei Paesi membri, che però la Commissione europea non sembra sicura di ottenere per la contrarietà specialmente della Germania in ragione dei suoi significativi interessi economici export-oriented. Sempre che la Cina reputi che gli alti margini di profitto per le sue auto elettriche possano assorbire senza troppo impensierirsi circa l’adozione delle contromisure tariffarie europee.

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